Vogliamo essere valutati, non schedati. La protesta degli studenti del Liceo Classico

invalsi

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CASTROVILLARI – Hanno deciso di scrivere al dirigente scolastico dell’istituto al quale appartengono, il Liceo Classico “G. Garibaldi”, per dichiarare apertamente il loro «pensiero» e la «riflessione» approfondita in riferimento alle prove cosiddette «invalsi» che da stamane coinvolgono gli studenti italiani. Alla preside, Daniela Piccini, gli studenti delle classi del secondo anno di liceo hanno scritto che le “Invalsi” sono «prove oggettive standardizzate con lo scopo principale di misurare i livelli di apprendimento raggiunti dagli studenti italiani relativamente ad alcuni aspetti di base e di due ambiti fondamentali, la comprensione della lettura e della matematica, al fine di classificare i risultati degli studenti, da quelli più bassi a quelli più alti» come recita l’Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione. Ma per gli studenti castrovillaresi, che promettono di scrivere anche al Ministero della Pubblica Istruzione, «misurare gli apprendimenti degli studenti, dopo i tanti tagli che hanno interessato l’istituzione scolastica (circa 16 miliardi di euro con conseguente perdita di circa 140mila posti di lavoro) negli ultimi 5 anni, ha ben poca rilevanza. Così come valutare la qualità di un istituto e degli insegnanti che vi lavorano attraverso le competenze che i ragazzi in poco tempo e assolutamente non motivati riescono a dimostrare, significa svilire e sminuire il lavoro che con cura e abnegazione viene svolto». Questo stato di cose rimarca «un divario nel Paese che senza investimenti rilevanti e progetti culturali specifici difficilmente potrà essere recuperato e per il quale né gli studenti né gli insegnanti possono essere considerati responsabili, ma solo vittime». Il sistema, in sostanza, produce «Scuole di Serie A e altre di serie B ed evidentemente per le scuole di serie B è difficile uscire dalla condizione che viene loro attribuita» commentano gli studenti. Una scuola pubblica che vuole garantire pari condizioni di accesso all’istruzione, deve «dirigere gli investimenti e gli “aiuti” non alle scuole “di successo”, perché non ne hanno bisogno ma, al contrario, a quelle con maggiori problematicità». Ecco perchè l’idea degli studenti è che il sistema scolastico che volesse far crescere l’insieme dei suoi giovani cittadini deve «incoraggiare le scuole a “tenere” i propri studenti, e a trovare le migliori strategie per assicurare il loro successo scolastico». Per le prove Invalsi negli ultimi tre anni sono stati spesi 80 milioni di euro. Perchè non destinare questi soldi al fine di «aiutare le scuole più in difficoltà?» si chiede la base degli studenti del “Garibaldi”. Ma c’è di più. Secondo gli studenti l’articolo 51 del D.L. n.5/2012 è ambiguo nella sua formulazione e «non afferma l’obbligatorietà dei docenti a svolgere tale specifica attività» (gli invalsi, ndr). I giovani del Classico hanno deciso, dunque, di scegliere «in piena autonomia e libertà in che modo partecipare allo svolgimento delle menzionate prove, ritenendole del tutto inappropriate per la valutazione della capacità e competenze acquisite durante il corso di studi» e chiedono dunque di essere «valutati, non schedati».