Traduceva il Vangelo ripartendo dagli ultimi

padre adolfo messa

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CASTROVILLARI – Erano in tantissimi nella Parrocchia di San Francesco a salutare per l’ultima volta Padre Adolfo della Torre. L’uomo di Dio che per oltre tredici anni ha accompagnato nella fede il popolo di Castrovillari ed in particolare la comunità parrocchiale affidata alla cura pastorale dei Frati Minori Conventuali di Castrovillari. Un uomo, un sacerdote, un pastore che «si è fatto popolo con questa comunità» ha detto subito Mons. Francesco Savino, Vescovo della Diocesi di Cassano all’Jonio, venuto per la prima volta nella città del Pollino per celebrare la messa funebre del frate francescano, originario di Brescia, e calabrese di adozione. Ad accogliere la sua salma una città intera che di lui ha stampato nel cuore un ricordo indelebile che vivrà per sempre. «Tutto passa, solo l’Amore resta» – aggiungerà don Francesco Savino – nello spezzare la parola di una liturgia in cui il cuore dolorante «per la perdita di una persona cara» si fonde con la gratitudine del dono per averlo conosciuto e vissuto. Ed il Vescovo Savino utilizza tre parole, prese in prestito dalla Liturgia esequiale, per descrivere i contorni di un uomo che «traduceva il Vangelo partendo dagli ultimi». Innanzitutto partendo dalla «caducità» in una società abitata dal «delirio di onnipitenza» la morte «viene a dirci chi siamo» sottolineando la nostra «fragilità» che è «condizione dell’esistenza». Così la morte di aiuta a «recuperare il senso del limite» ad «imparare vivendo» e «morire vivendo». Padre Adolfo della Torre Mons Savino non lo ha conosciuto in vita, ma nel racconto di quanti lo hanno amato e glielo hanno raccontato nelle ultime ore. Ecco perchè citando il testo della Sapienza (capitolo 3) sottolinea che «lui era uomo giusto» richiamando il fatto che nella Parola l’uomo giusto «è colui che dice “Amen” nella gioia e nel dolore. Colui che vive la vita come tempo di responsabilità». Il ritratto che ne fa il Presule è quello di un uomo «appassionato e passionale, che aveva capito che il modo migliore per declinare la giustizia era farsi povero con i poveri». Casa Betania, nata nel tempo in cui fu parrocco di San Francesco, é il «segno di un cuore in uscita» che per la passione verso gli ultimi lo portò «ad essre rimproverato». Ma «non esiste risparmio nell’amore – aggiunge don Savino – esiste solo eccedenza». Ed il segno di tanta abbandonanza è «questo paese che abbraccia questa comunità e dice grazie». Rivolgendosi ai frati il Vescovo sottolinea: «padre Adolfo vi lascia il testimone» e questa vita spesa per gli ultimi «non va sprecata. Non avrebbe senso questa liturgia se non continuiamo il suo esempio». Uomo di Dio umile, alla maniera francescana, ma anche vigilante su se stesso prima, e sugli altri, poi, che è il «modo migliore per vivere il tempo della vita». Un sacerdote, un uomo, un pastore che la città e la sua comunità parrocchiale non dimenticherà mai. Lo si è visto dai tanti presenti oggi, dalle tante lacrime silenziose che hanno rigato il volto dei presenti, dall’applauso caloroso che ha salutato l’uscita del feretro dalla sua “casa” di servizio. Una casa/chiesa nella quale abiterà per sempre in compagnia dei Santi.