Soffro per una comunità non unita. Savino: no a gelosia ed invidia

sangiuliano 2017

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CASTROVILLARI – «Mi fa soffrire molto una comunità civile non unita» nella quale «noto divisioni, contrasto, competizioni riconducibili a sentimenti detestabili come la gelosia e l’invidia». Monsignor Francesco Savino parla con il cuore in mano, come un padre misericordioso, alla folla di fedeli radunata nella Basilica minore di San Giuliano in occasione della festa del Santo patrono di Castrovillari. Nel suo piano pastorale l’attenzione spirituale di questo primo anno (dei tre in programma) è rivolta proprio alle relazioni umane tra le comunità e le persone. Così nella omelia in occasione del santo vescovo che fu «evangelizzatore ad immagine del pastore bello e buono di cui parla il Vangelo» il pastore della chiesa cassanese lancia un invito forte e profondo che non lascia alibi alle interpretazioni. San Giuliano va onorato «costruendo ponti tra persone, associazioni, istituzioni» facendo «prevalere il bene comune» e riconoscendo che «il pluralismo è un valore» ma «le conflittualità sono disvalore becero e dannoso per tutti». Prendendo spunto dalla lettera di San Paolo aposto alla comunità – divisa anch’essa – di Corinto, Savino mette al centro l’eucarestia che «genera la fraternità» e ribadendo al popolo di Dio ed agli amministratori presenti che «chi vine in pienezza l’eucarestia si sente provocato ad essere strumento di bene comune». La vita di chi vive il Vangelo non cerca il «consenso» nè «il successo personale» ma si va strumento di servizio «per tutti» nella «gioia» del dono. Eccola la vita di San Giuliano: «servizio generoso di testimonianza», vita «spesa con amore» per annunciare il vangelo agli altri. E pensando a cosa il Santo avrebbe detto alla comunità di Castrovillari oggi il Vescovo lancia il suo affondo, che ha il sapore del rimprovero, ma con l’atteggiamento di padre che ama i suoi figli che vede nella divisione. A Castrovillari «manca il paradigma del camminare insieme mettendo al primo posto le persone più deboli». Ecco perchè Savino alza il tono della voce quando dice che «la città è di tutti. Appartiene a tutti. Non può essere di qualche lobby, gruppo, associazione» e richiama «tutti nel sentirsi impegnati per una umanità solidale». Allora l’impegno ed il mandato forte è «ricostruire la comunità» sapendo che esistono due pericoli forti che incombono sulle relazioni e la storia. Il primo: la chiusura nel gruppo di appartenza, che soffoca. Il secondo: l’arte del nomadismo che disperde l’uomo togliendogli il centro di identità. Ecco il cammino tracciato per il riscatto di una città dai mille talenti che si perdono per via della difficoltà ad essere davvero comunità nella ricchezza della diversità.