«Siamo invisibili»: la crisi dei consorzi di bonifica che investe le famiglie nelle parole di un operaio

consorzio bonifica trebisacce sede protesta

consorzio bonifica trebisacce sede protesta

 

«Ci sentiamo invisibili. In questo continuo gioco di responsabilità (sembra di osservare una partita di ping-pong e purtroppo la pallina siamo noi) tra l’Ente Consorzio di Bonifica Alto Jonio Cosentino e la regione Calabria, chi rimane incastrato nei giochi di potere siamo noi». Parla così un operaio a tempo determinato del consorzio di bonifica di Trebisacce che da giorni scioperano per reclamare il sacrosanto diritto al pagamento delle mensilità arretrate.

Sciopero che continuerà ad oltranza e che conferma anche quello di mercoledì 25 ottobre al quale proprio oggi i sindacati hanno chiamato a raccolta i sindaci dell’area jonica per sostenere i diritti degli operai.

«Noi che dovremmo essere lo specchio dell’Ente, noi che tutti i giorni siamo letteralmente sul campo, noi che siamo l’anello che congiunge i proprietari terrieri e l’Ente, noi che viviamo la realtà per quello che è: dura, onerosa, complicata, noi che senza venir meno ai nostri doveri sempre con il sorriso cerchiamo (e quasi sempre ci riusciamo) a far da pacieri con chi pur pagando non si vede riconosciuto il diritto di poter irrigare. Questa campagna irrigua che ormai volge al termine, ci ha fortemente prostrati, svuotati dentro ma caparbiamente, indefessamente siamo arrivati alla meta – aggiunge l’operaio che ha scritto una lettera a nome di centinaia di suoi colleghi – Non potevamo non dar voce alla nostra dignità, al nostro spirito di servizio, al nostro senso di appartenenza, certo questo ha comportato un tracollo economico per le nostre famiglie, non è semplice né dignitoso lavorare provvedendo al carburante, agli pneumatici e a tutto ciò che comporta l’utilizzo di un auto senza ricevere il giusto compenso. Ci siamo privati ed abbiamo privato di tutto le nostre famiglie. Ci fa rabbia pensare che l’Ente e la regione Calabria non vedano cosa e soprattutto chi c’è dietro un nome: c’è una famiglia, ci sono affetti, ci sono figli ai quali sei costretto a tarpare le ali dei sogni perché sei impossibilitato economicamente a dar voce alle loro aspirazioni, ai loro sogni, ai loro obbiettivi, alle loro ambizioni, ai loro ideali»

Sei mesi di lavoro senza stipendio è una sfida ardua per chiunque. «Ci state trattando come figli di un Dio minore. Cosa abbiamo fatto per meritare tutto ciò? – sbotta il lavoratore del consorio – Ci avete arrecato danni economici, sociali, morali. Tutti noi ci sentiamo emarginati, offesi, umiliati, schivati, temuti, disprezzati. Noi non faremo il vostro gioco (dividi et impera).Non ci interessa di chi sia la responsabilità di tutto il danno a noi arrecato, noi siamo alla fame, vogliamo quello che ci spetta. Non importa se il pennacchio del buon samaritano lo avrà la regione Calabria o il Consorzio. Se avete dignità, se anche voi avete mogli, figli, un barlume di coscienza, non lasciateci restare invisibili».