Festa dei giornalisti, Savino: «vostra missione è rendere il mondo meno oscuro»

savino francesco2

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Ancora un anno senza incontro in presenza per i giornalisti della diocesi di Cassano allo Jonio e il vescovo monsignor Franscesco Savino. Ma la Festa di San Francesco di Sales è l’occasione per il pastore della chiesa particolare che è in Cassano allo Jonio per rivolgere agli operatori dell’informazione un messaggio. «In un mondo come il nostro, spesso colmo di odio e di rabbia, ma anche di colpevole indifferenza, questo santo è l’esempio di come il giornalismo e la scrittura, possano essere un valido strumento non solo di evangelizzazione, ma di semplice umanità che tanto manca, oggi, se volgiamo lo sguardo attorno a noi».

Nel senso della «testimonianza quotidiana» – scrive Savino – ci sono due parole fondamentali: «vocazione e missione». Riprendendo una intervista a Tiziano Terzani il vescovo ricorda che “È un mestiere, ma non come tanti. Non è una cosa che fai andando a lavorare alle 9 del mattino e uscendone alle 5 del pomeriggio, è un atteggiamento verso la vita che muove dalla curiosità e finisce col diventare servizio pubblico: è missione. Non è un semplice mestiere non è solo un modo di guadagnarsi da vivere, ma è qualcosa di più, che ha una grande dignità e una grande bellezza, perché è consacrato alla ricerca della verità. Ecco il suo valore morale, avvertibile nel modo di raccontare, nel presentare i fatti”.

Proprio da questa immagine Savino sottolinea che i giornalisti cono «consacrati alla ricerca della verità». «È bello pensare – sottolinea il presule della diocesi cassanese -, che al giornalismo si arrivi non tanto scegliendo un mestiere, quanto lanciandosi in una missione, un pò come il medico, che studia e lavora perché nel mondo il male sia curato. La vostra missione, cari amici giornalisti, è di spiegare il mondo, di renderlo meno oscuro, di far sì che chi vi abita ne abbia meno paura e guardi gli altri con maggiore consapevolezza e con più fiducia. È una missione non facile».

«In un sistema-informazione che veicola troppe parole abbaiate, gridate, smodate, improvvisate, manipolate e spesso calunniose, siete chiamati ad esercitare l’etica della comunicazione, cioè la parola documentata, meditata e profonda, la parola non asservita ad alcun potere e dunque libera di servire solo la verità, stella polare del vostro insostituibile ruolo di artefici e difensori del bene comune. La vostra missione – ha proseguito -, non può non fondarsi ed essere animata anche da una grande passione civile, dal dovere di studiare, documentarsi, aggiornarsi, di non dare mai nulla per scontato, verificare la correttezza dei dati e l’attendibilità delle fonti. Sono solo le doverose premesse per costruire un’informazione di qualità, capace di allargare gli orizzonti senza gettare veli sulla realtà, e di svincolarla dalle gabbie dell’indice di gradimento e dell’offerta di largo consumo».

Anche Papa Francesco nel messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali per il 2022 chiede al mondo della comunicazione di reimparare ad ascoltare. «Siamo tutti chiamati ad ascoltare e non solo a sentire» aggiunge Savino. «Ascoltare per un giornalista significa avere la pazienza di incontrare a tu per tu le persone da intervistare, i protagonisti delle storie che si raccontano, le fonti da cui ricevere notizie. Ascoltare è il compagno di viaggio del vedere, con l’esserci: certe sfumature, sensazioni, descrizioni a tutto tondo possono essere trasmesse ai lettori, ascoltatori e spettatori soltanto se il giornalista ha ascoltato e ha visto di persona».

«Non riusciamo più a capire il mondo che ci circonda, perché non sappiamo più ascoltare la sua voce, i sussurri, le frasi spezzate, le parole che ci arrivano, le grida di dolore soffocate. Voi dovete ascoltarlo quel brusio e dare riverbero alle flebili voci. Vi invito soprattutto ad ascoltare e ad amplificare il grido silenzioso dei tanti poveri, che deve trovare il popolo di Dio in prima linea, sempre e dovunque, per difenderli e solidarizzare con essi davanti a tanta ipocrisia e tante promesse disattese e per invitarli a partecipare alla vita della comunità. Dovete accendere i riflettori su tutte quelle periferie in cui ogni giorno si calpesta l’umanità, dovete illuminare il dolore, l’emarginazione, il sopruso, la violenza, le torture, la prigionia, la guerra, la privazione della libertà e della dignità, l’ignoranza e l’analfabetismo, l’emergenza sanitaria, la mancanza di lavoro, la tratta e la schiavitù, l’esilio e la miseria. Mentre emerge sempre più la ricchezza sfacciata che si accumula nelle mani di pochi privilegiati spesso con un alone di illegalità e di sfruttamento offensivo della dignità umana, fa scandalo l’estendersi della povertà a grandi settori della società in tutto il mondo».

Parlando delle nuove tecnologie il presule sottolinea che «la rete ha reso tutto contemporaneo e tutte le informazioni rischiano di viaggiare in un flusso senza gerarchie, senza un segno distintivo. I giornali e i giornalisti non devono fare parte del flusso, devono tenere un piede dentro ed uno fuori, trattenendo solo i pezzi di notizia portatori di senso e che ritengono necessari per ricostruire la realtà. Il ruolo della stampa è selezionare e gerarchizzare le notizie, dare loro un senso, svolgere quindi la funzione propria del giornalismo, che è quella di dare risposte a tre fondamentali domande: quel che bisogna sapere, quel che merita ricordare, quel che resta da capire. Voi avete tra le mani gli strumenti per riconnettere le persone non attraverso l’istantanea e superficiale pubblicazione o condivisione di un “mi piace” ma attraverso la verità dei fatti che è soprattutto una questione di sguardi e di linguaggio. È saper vedere ciò che altri non vedono, mettere in rete ciò che altri scartano, essere sale e lievito che non addormenta, ma aiuta conoscenza e trasformazione a raccontare la realtà e parlare chiaro come dovere etico, chiamati spesso a capovolgere il punto di vista, recuperando il linguaggio della autenticità».

Facendo riferimento al sale della Bibbia monsignor Savino aggiunge che «la grandezza del sale sta nel fatto che si scioglie nella realtà a cui dà sapore e fecondità: non la usa, non la manipola e non la altera. Vi auguro – ha concluso -, quindi di possedere “il sapere e il sapore” del sale, per riconoscere il bene comune e per costruirlo facendovi lievito e compagni di viaggio nel cammino di crescita della nostra gente e del nostro territorio».