Don Ciotti racconta il grido di Francesco sulla casa comune

donciotti savino

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CASSANO ALL’JONIO – E’ un «grido», misto tra allarme e dolore, quello di Papa Francesco, riportato nelle numerose pagine e parole – senza possibilità di fraintendimenti – della Enciclica “Laudato sì” commentata ieri con passione ed attualità da don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, nella Basilica Cattedrale di Cassano all’Jonio. Un grido che traspare nella «sostanza» di quanto il Papa ha riportato nel testo di quello che, insieme all’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, «costituiscono il programma pastorale – ha affermato il vescovo di Cassano all’Jonio, Monsignor Francesco Savino – della Chiesa mondiale». Una serata appassionata ed appassionante quella di ieri in cui il prete della strada, fortemente voluto dal presule di Cassano per questo appuntamento, è andato nella profonda attualità di ciò che vuol dire tutela della casa comune. Monsignor Savino presenta don Ciotti come un «uomo che non si è risparmiato» nella sequela di Cristo diventando «un sacerdote fatto Vangelo» al quale è stata «affidata la parrocchia più difficile, la strada» che lo ha portato ad incontrare la «carne viva di Cristo: gli ultimi». E lui ha dimostrato, anche ieri, di essere un uomo che non si ferma al commento di un testo, ma al centro delle questioni, che sono il Vangelo stesso nella quotidianità del mondo. Parte da una domanda il fondatore di Libera contro tutte le mafie che è graffiante: «che tipo di mondo desideriamo lasciare ai nostri giovani». Un pugno allo stomaco se si pensa che nel mondo il 60% degli ecosistemi terresti è «andato distrutto» o «è degradato», che il «40% dei conflitti interni agli Stati è per acqua e risorse naturali» che l’80% «delle sementi è in mano a 5 multinazionali». Senza contare che «5 milioni di famiglie contadine sono in sofferenza» perchè schiacciati dai meccanismi di una economia senza anima e che un miliardo e mezzo di persone «vivono in zone con scarsità d’acqua». Un paradosso, o meglio una ferita al cuore di una società che riesce ad andare «su Marte e sulla Luna – aggiunge don Ciotti – e non riesce a dare a tutti acqua pulita sulla terra». Le sue e quelle del Papa, più volte riportate a voce alta e con grandi sottolineature, sono «parole che devono graffiare dentro» rilancia il sacerdote. E lo fa in una terra, come la Calabria, che anch’essa è «una terra che grida» di dolore, troppo spesso sfreggiata e maltratta tanto dalla politica quanto dal malaffare che anche attorno a Cassano ha seppellito scorie e rifiuti dannosi per l’uomo e la sua “casa naturale”. La terra ha «un debito ecologico» nei confronti dell’uomo che chiede oggi di «cambiare gli stili di vita, consumo e produzione» per stabilire una nuova «solidarietà universale». Perchè oggi «stiamo calpestando la naturale lentezza dell’evoluzione biologica» che domani ci chiederà conto. C’è bisogno di «rinnovare il dialogo» e ribadire «il confronto» tra le parti della società e dell’economia alle quali la Chiesa non offre sentenze ne soluzioni, ma chiede di non esercitare ancora la «debolezza delle reazioni» tante volte esemplificate dalla «sottomissione della politica internazionale alla tecnologia ed alla finanza». Parole profonde che don Ciotti non si esime dal pronunciare per affermare anche che «la natura oltre ad essere manifestazione di Dio è luogo della sua presenza» e che non si può pensare ad un sviluppo futuro senza affrontare la «crisi ambientale» e a «sofferenza degli esclusi». Chi già fà si faccia prendere dal «morso del più» per ribadire una «responsabilità collettiva» nei confronti di questo nostro mondo.