Era il 2015 quando una presunta truffa all’Inps e all’Inail portò al sequestro di beni per un valore di 5 milioni di euro ed a scoprire attraverso il lavoro della Guardia di Finanza 456 falsi eredi e delegati alla riscossione delle indennità di accompagnamento nei confronti di persone decedute.
Ora siamo alle battute finali del processo. Come si legge dai colleghi di cosenzachannel.it nelle scorse ore il pubblico ministero Antonino Iannotta ha avanzato le richieste di condanna, ritenendo prescritti due capi d’accusa e invocando una sentenza assolutoria perché il fatto non sussiste «nella misura in cui non vi è prova della materiale sottrazione dei timbri dagli uffici di provenienza quanto al peculato, considerato che non vi sono state denunce di scomparsa o sottrazione da alcuno degli enti interessati e quanto al delitto di ricettazione considerato il fatto che ragionevolmente Martino va considerato concorrente nel reato presupposto di contraffazione, alla luce proprio degli esiti delle perquisizioni operate nei suoi confronti».
I fatti: secondo la procura di Castrovillari, la truffa sarebbe stata perpetrata ai danni dell’ente previdenziale, attraverso la falsificazione di verbali di visita medico collegiale, di identità anagrafiche con falsi rapporti di parentela e attraverso falsi testamenti, predisponendo 615 pratiche di pensione con un importo complessivo della truffa quantificato in circa 4 milioni e 700mila euro. Tali somme, sarebbero state incassate mediante numerosi conti correnti intestati a persone inesistenti.
La pubblica accusa, tuttavia, ha chiesto condanne per un totale di 57 anni dì carcere, così suddivisi: 7 anni per Domenico Martino; 5 anni ciascuno per Giuseppe Lupo, Alessio Alfano, Stefano Pulignano, Domenico Magno, Alessandro Siciliano, Francesco Stabile, Maycol Tebaldo, Carmela Pulignano, Leonardo Greco e Antonio Filippo.