CASTROVILLARI – Si è conclusa tra musiche e danze la XXX Estate internazionale del Folklore. Una settimana di puro spettacolo nel cuore della Città del Pollino a cura dell’Associazione culturale “Città di Castrovillari”, presieduta da Antonio Notaro, che ha incantato il pubblico ormai attento conoscitore del folklore mondiale. Una edizione davvero unica, impreziosita da tante particolarità (come ad esempio lo street food di Pino Barbino, A via nova), che nella serata conclusiva ha lanciato anche un messaggio toccante. Sul palco i popoli di Argentina, Colombia, India, Messico, Ossezia, Perù, Burkina Faso, Macedonia ed Italia si sono salutati con una grande nuvola di palloncini bianchi (simbolo di pace) affidati al cielo quasi a voler simbolaggiare una preghiera universale che regali al mondo lo spirito di questi giorni. Al di là dello spettacolo – veramente di qualità – la forza comunicativa del festival sta nel suo messaggio di unità e dialogo. Popoli diversi, a volte anche in conflitto o in difficoltà diplomatica tra di loro, superano diffidenze e lontananze militari, religiose e politiche, attraverso la musica, le tradizioni, la conoscenza reciproca della identità che gli appertiene. Se il mondo fosse come il palco di Piazza Municipio si potrebbe davvero sperare nella Pace universale. Castrovillari si conferma città del dialogo e dell’accoglienza, al ritmo della tarantella, nell’ascolto delle diversità. Il colpo d’occhio è unico. Lo spazio cittadino abitato da etnie diverse che abbracciano la città del Pollino ed i suoi visitatori è una immagine unica nel suo genere che dovrebbe raccontare la forza dell’evento di punta dell’Estate castrovillarese, anche perchè l’unico vero evento. Si archivia così anche la XXX Estate Internazionale del Folklore da oltre vent’anni accompagnata dalle coreografie di Tilde Nocera, madrina vera del festival folklorico, capace con le sue ballerine e ballerini di saper legare insieme i popoli del mondo su un tappeto di danza. Lo spirito del Festival, con la città piena di gente, in strada, ad abitare spazi troppo spesso vuoti per l’anonima quotidianità, dovrebbe essere lo spirito da tenere sempre. Sapendo che dalla piazza riparte la voglia di condividere e progettare il futuro.
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