Vent’anni battaglie, di progetti e di iniziative istituzionali, in ambito nazionale e regionale, non sono stati sufficienti a salvaguardare e rilanciare la minoranza linguistica arbëreshe. Lo dice con chiarezza ed il garbo che lo costraddistingue Nicola Bavasso, giornalista specializzato in comunicazione in contesti minoritari plurilingui, collaboratore di Gazzetta del Sud, nel suo ultimo lavoro editoriale “Le minoranze tagliate della Calabria: gli arbëreshë. Perché è fallita la legge 482/99. Possibili strategie di uscita dall’empasse per le minoranze linguistiche interne”, pubblicato per i tipi della Fondazione Universitaria “Francesco Solano” nella collana Albanistica. Il libro presentato sabato scorso a Lungro evidenzia i motivi del fallimento in Calabria della legge nazionale 482/99, anche a causa dell’intollerabile disparità di trattamento politico, evidenziata chiaramente anche dalla scandalosa e discriminante ripartizione di risorse tra le minoranze del nostro Paese da parte dei diversi organi dello Stato. Insieme all’autore erano presenti il docente dell’Unical e presidente della Fondazione Solano, Francesco Altimari, il presidente dell’Istituto Me.Me, Mario Brunetti, il sindaco di Lungro, Giuseppino Santoianni, il delegato alla Cultura Antonino Martino e il presidente della Proloco Arbëria Rosa Carbone.
La tutela delle minoranze linguistiche è dunque un’altra pagina della irrisolta questione meridionale, «a cui si è aggiunto oggi il pericoloso tentativo in atto di destrutturazione dello Stato centrale a causa della pesante pressione esercitata dalle forze centrifughe delle aree forti del Nord che spingono per dare una ulteriore spallata al sistema unitario statale, anche attraverso la cosiddetta autonomia regionale differenziata, che farebbe svanire le ultime speranze di difesa delle comunità minoritarie» spiega l’autore del testo.
La responsabilità di ciò è purtroppo anche delle classi politiche meridionali che hanno supinamente accettato un vero e proprio stillicidio di azioni che hanno spogliato il Mezzogiorno da ogni possibilità di interventi strutturali che potevano farlo uscire dalla sua crisi. Tutelare e promuovere la lingua e la cultura delle minoranze linguistiche nella scuola, nel servizio pubblico radio-televisivo, nella pubblica amministrazione non ha mai rappresentato per i nostri enti locali un valore primario, una risorsa importante per rilanciare anche economicamente le comunità. Nel libro non c’è solo però la descrizione di questa crisi che rischia di cancellare definitivamente le lingue e le culture minoritarie del Meridione, ma vengono anche indicate interessanti possibili strategie di uscita dall’empasse attuale, a partire dalle minoranze linguistiche arbëreshe, grecanica ed occitana di Calabria.