Teatro. Divertono le “beatrici di Stefano Benni”

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CASTROVILLARI – “Le beatrici di Stefano Benni”, terzo appuntamento della XVI Stagione Teatrale di Castrovillari ha decisamente divertito il numeroso pubblico presente. Cinque ironiche e brillanti donne in scena che hanno alternato “ritratti femminili” molto differenti tra loro con un punto che le accomuna, quello di essere angeli e demoni allo stesso tempo.

Una scatola nera dove le attrici  aprono valigia e sedia pieghevole e a turno indossano il loro racconto. Si parte da Beatrice Portinari con dolce accento toscano che non vuole essere angelicata da Dante o meglio non vuole essere scelta ma ha desiderio di scegliere personalmente il poeta che dovrebbe decantarla menzionando il grande De Andrè. Si passa poi ad una rappresentazione di una Beatrice esibizionista e coatta dei tempi moderni che in costante conversazione al cellulare trae sempre tristi conclusioni del normale vivere quotidiano. Anche  gli  episodi più  tragici  sono  rappresentati con leggerezza e sarcasmo  di  sapore amaro,  come  nel caso della ragazzina  che  per  un  banale litigio, uccide la madre con ottantasei coltellate, e le amichette,  avvertite col cellulare,  convergono a casa sua per essere riprese e intervistate dalla televisione.Subito poi la  rappresentazione della donna manager spietata che ha trovato il modo, attraverso una politica becera, di eliminare gli esuberi che lei stessa definisce “Nuova ricetta per l’operaio a fette” trattandosi appunto di una strategia per ridurre il personale in fabbrica. Si arriva poi a Filomena , l’incontenibile suora indiavolata ma la ragione probabilmente, da ciò che racconta, è l’imposizione del percorso religioso da parte del padre che aveva  indicato ed obbligato lei tra le sue numerose figlie. Si conclude con la donna nostalgica che vive nell’attesa (di un figlio, di una telefonata…) paragonata al naufragare in un mare in cui non si vede una fine e poi chiede anche scusa a chi l’ha sempre aspettata e lei distratta non ha capito. Insomma, un modo di fare teatro diretto e lo spessore del testo consta proprio nel fatto che si fanno pochi giri di parole per arrivare a dire ciò che si vuole coinvolgendo in maniera assoluta il pubblico in sala.