ROMA – Dal 25 maggio al 1 giugno ritorna Primavera dei teatri, il festival sui nuovi linguaggi della scena contemporanea, che quest’anno compie vent’anni dalla sua prima edizione. Ideato e diretto da Scena Verticale, Primavera dei Teatri ha trasformato il borgo ai piedi del Pollino, in un vero e proprio cantiere laboratoriale, punto focale a Sud, luogo d’incontro e confronto tra artisti, operatori e critici. Il Festival, sotto la direzione artistica di Saverio La Ruina e Dario De Luca e quella organizzativa di Settimio Pisano, conferma la propria vocazione: attento alle nuove poetiche lascia spazio a compagnie emergenti intercettando i segnali più vitali sparsi nella penisola e ospita rilevanze teatrali d’ultima generazione. Nel cartellone della ventesima edizione, come di consueto, diversi i debutti che vedono il ritorno di artisti, conferme della scena coeva e diverse novità della scena nazionale e internazionale. In 8 giorni – è stato spiegato a Roma durante la conferenza stampa di presentazione – verranno ospitate 23 compagnie, ben 14 saranno i debutti, di cui 3 in anteprima nazionale assoluta, 9 gli artisti stranieri coinvolti, 3 gli incontri e 6 le performance che andranno ad arricchire la programmazione. Jan Fabre, il grande poliedrico artista di fama internazionale presenta il suo nuovissimo lavoro “THE NIGHT WRITER. Giornale notturno”. Autobiografia del pensiero dell’artista belga, cui l’attore Lino Musella dà corpo e voce, The Night Writer è un flusso di riflessioni, pensieri sull’arte, sul teatro e sul senso della vita. Un felice ritorno è quello di Roberto Latini che dopo il “Cantico dei Cantici” e “Sei. E dunque, perché si fa meraviglia di noi?” torna a debuttare al festival. Stavolta lo fa con “In exitu”, lavoro tratto dall’omonimo romanzo di Testori, in cui ne affronta la furente inventività linguistica. Ritorna anche Atir Teatro Ringhiera con “Aldilà di tutto” uno spettacolo di e con Valentina Picello e Chiara Stoppa dal testo del giovane dramaturg Carlo Guasconi. Un lavoro in cui esperienza di vita vissuta e scrittura teatrale si fondono per affrontare il tema della morte e dell’accompagnamento verso di essa. Un altro giovane autore italiano, Pier Lorenzo Pisano, presenta “Per il tuo bene”, testo vincitore del Premio Riccione –Tondelli, già tradotto in inglese, francese e rumeno e rappresentato al Théâtre Ouvert di Parigi. Debutto anche per il duo Carullo Minasi in una veste del tutto inedita: sono infatti quattro gli attori in scena in “Paturni e Sutta. Peripezie della libertà e dell’illibertà”, nuovo lavoro della compagnia siciliana tratto da “L’isola degli schiavi” di Marivaux. In prima nazionale anche “La ragione del terrore” scritto da Michele Santeramo e diretto da Salvatore Tramacere. Partendo dal male come pulsione intrinseca degli esseri umani, il racconto vuole scardinare l’apparente inevitabilità delle sue conseguenze. Un altro debutto è quello del giovane gruppo Stivalaccio Teatro con “Sêmi. Senza infamia e senza lode” di Marco Zoppello, un altro spettacolo che riflette sul male. Un surreale giallo teatrale sulla necessità di individuare il germe della follia. Prima nazionale anche per lo spettacolo di Paola Fresa “Il Problema”, tentativo di mettere in scena in un contesto familiare la crisi dell’identità individuale dovuta al morbo dell’Alzheimer e di coloro che si trovano ad esserne testimoni. In anteprima nazionale i padroni di casa, Scena Verticale, che presentano il nuovo lavoro scritto diretto e interpretato da Dario De Luca, in scena con Milvia Marigliano: “Lo Psicopompo”. Il testo, vincitore del Premio Sipario Centro Attori 2018, è incentrato sul tema della morte attorno al quale ruota una storia di vita che vede una coppia legata da un tragico passato in comune. Kronoteatro presenta in anteprima nazionale “Sangue del mio sangue” scritto da Riccardo Spagnulo e diretto da Maurizio Sguotti. All’interno di un progetto di cooperazione internazionale con la Grecia, la compagnia ateniese Nova Melancholia debutta con Immagina un paesaggio eroico, performance che s’ispira alle lettere dal carcere di Rosa Luxemburg, rivoluzionaria marxista. Ancora autori stranieri: la compagnia Bartolini/Baronio, porta in scena per la prima volta in Italia il testo “Tout Entière” di Guillaume Poix; i calabresi Scena Nuda debuttano invece con “Noi non siamo barbari”, il testo di Philipp Löhle diretto da Andrea Collavino. Quest’anno grazie al progetto internazionale BeyondtheSud gli orizzonti si allargheranno fino al Sud America, attraverso l’ospitalità in residenza di giovani drammaturghi brasiliani e argentini. BeyondtheSud, vincitore del bando MiBAC “Boarding pass plus”, è realizzato in rete con: Teatro della Città di Catania, Teatro Koreja di Lecce, Teatro Libero di Palermo, Nuovo Teatro Sanità di Napoli, e con Panorama Sur e Centro Cultural San Martin (Buenos Aires) e Complexo Duplo e Complexo Sul (Rio De Janeiro). Il progetto ha l’obiettivo di favorire il percorso di internazionalizzazione di giovani artisti e operatori under 35. «Nel corso di questi vent’anni, che forse ci sembrano ancora pochi, abbiamo collezionato edizioni che ci sono sembrate, e continuano a sembrarci, grandi imprese irraggiungibili, rischiose e improbabili. Abbiamo confezionato edizioni completamente al buio, senza sapere se saremmo riusciti ad ottenere i finanziamenti pubblici necessari per realizzarla. Qualcuna di queste edizioni è andata fuori stagione (c’è stata anche una Primavera dei Teatri “invernale”), abbiamo preso una bella boccata d’aria fresca in questi ultimi tre anni, ma già da domani respirare diventerà di nuovo un qualcosa da dover sperare. Nonostante questo, in ogni momento, con caparbietà, passione e fierezza, abbiamo percorso il filo teso del fare teatro, in una terra di disequilibri, piena di contraddizioni. In bilico come funamboli ci siamo mossi lungo la strada dell’arte, carichi d’adrenalina per la paura di rischiare e consapevoli che il vero rischio sarebbe stato fermarsi. Abbiamo seminato e raccolto tanto in termini di fatica, entusiasmo, scoperte, consensi, cambiamenti. E oggi, ritrovandoci con ormai un ventennio alle spalle, è come se il funambolo incarnasse la metafora perfetta di cosa significhi fare questo lavoro, un lavoro che in un certo senso sembra eleggere naturalmente questa figura artistica a simbolo dello stato dell’arte. Potremmo dire che oggi fare arte significa essere degli eccellenti funamboli: sempre in bilico, con la sola certezza del “qui e ora”»