CASTROVILLARI – La mafia come peccato strutturale o, in altri termini, peccato 2.0: è questo l’approccio teologico-morale proposto dal professor Luigi Zaccaro, docente presso l’Istituto teologico calabro Pio X di Catanzaro, nel suo ultimo lavoro, Mafia debole mafie forti. Post-comunità peccati strutturali e teologia morale “minima”, edito dalla casa editrice palermitana La Zisa. Nel suo testo, che vuole offrirsi quale contributo a una rinnovata lettura e interpretazione del fenomeno mafioso da parte della Chiesa e della “comunità” civile, Zaccaro affronta il problema mafie – con un’attenzione particolare alla ‘ndrangheta – come un qualcosa di collettivo, che riguarda tutti, in vista di una più ampia presa di coscienza: «Il problema non sono le mafie, il problema siamo noi», per dirla con Don Ciotti, e qualsiasi risoluzione del fenomeno dipenderà unicamente dalle opzioni esistenziali messe in campo da ciascuno di noi. In particolare, l’autore tenta di rispondere ai seguenti interrogativi: può esistere una riflessione teologico-morale “minima” in grado di discernere comportamenti strutturali – come quelli degli affiliati alla mafia, appunto – che non solo vìolano il dettato costituzionale, ma che collidono anche con la predicazione e la prassi di Gesù? E il loro peccato è, tra quelli strutturali, una delle più disumane e antievangeliche manifestazioni storiche del peccato? In quali forme è possibile annunciare il messaggio di Cristo in contesti di criminalità organizzata e auspicare la conversione degli affiliati, nel senso di un pentimento vero, non già di un pentitismo esteriore e strumentale, finalizzato esclusivamente al conseguimento di provvedimenti di clemenza giudiziaria? Nell’ultima parte della ricerca si arriva, dunque, a tracciare una soluzione al problema mafioso partendo dal ruolo centrale della sfida educativa, da attuarsi attraverso una sinergia di intenti tra quelle che Zaccaro chiama le «agenzie formative della coscienza morale», quali ambiente familiare, il contesto sociale e, in maniera particolare, la scuola. Ed è questo il motivo per il quale il vescovo di Cassano all’Ionio, monsignor Francesco Savino, parla di Mafia debole mafie forti come di un testo che apre ad una prospettiva di speranza e, perfettamente in linea con l’analisi del professor Zaccaro, traccia uno scenario possibile affermando che «è necessario liberarsi dalla cultura della rassegnazione e del fatalismo, dobbiamo destrutturare l’omertà seminando i germogli di una nuova società». Il volume sarà presentato sabato 6 aprile nella sala consiliare del Comune di Castrovillari durante un incontro pubblico cui prenderanno parte – coordinati dalla giornalista Chiara Fazio – il giudice Francesco Marzano, già presidente di sezione emerito della Corte di cassazione, Giovanni Donato, presidente del distretto scolastico di Castrovillari, don Federico Baratta, docente presso l’Istituto superiore di Scienze religiose San Francesco di Sales di Rende, e il vescovo della diocesi di Cassano all’Ionio, monsignor Francesco Savino, in memoria di tutte le vittime innocenti delle mafie.