La Ruina je masculu e fìammina

la ruina masculo fimmina

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CASTROVILLARI – E’ solo in palcoscenico. Come nella vita. L’unico punto di riferimento la madre, anche da defunta, alla quale confessa la sua natura di masculu ai cui piacciono i masculi. Non c’è tanto da attendere per conoscere la verità ed il tema profondamente attuale di “Masculu e fìammina” il nuovo lavoro teatrale di Saverio La Ruina per la compagnia Scena verticale. In pochi minuti l’attore ha già messo sul piatto la verità amara e dolce della sua natura. Omossessuale inchiodato dalle parole e dal giudizio della gente di un piccolo paesino del Sud al suo segreto di vita. E’ un racconto delicato, a volte con un filo di voce, ironico e profondo quello che Saverio La Ruina affida alla lapide innevata della madre. L’unica che in vita aveva capito ciò che suo figlio viveva senza dirlo e che, con profondo rispetto, ha portato nella tomba sbottando solo di fronte a quel «curnutu» che lo faceva soffrire. Un dialogo con la madre – impegnata nel viaggio per l’adilà – sincero fino alle più violente ed intime verità che quasi ha il sapore della liberazione. Il testo dialettale amplifica la realtà difficile dei tempi passati, quando nella provincia essere “diverso” era una condanna eseguita a suon di ingiurie sull’essere “ricchiunu” pronta a crofiggere l’uomo metà donna ad ogni angolo di strada. Non solo i ragazzi, ma anche gli adulti erano pronti a sbeggiare la diversità. Peppino – così si chiama il personaggio portato in scena – ne ha vissuto e ne ricorda tutti i drammi, le agonie prima di arrivare ad accettarsi, ad amarsi per permettere a se stesso di amare qualcuno come lui. La madre (defunta) ascolta ed accoglie – come aveva già fatto in vita – la storia di quel figlio che je «masculu e fìammina» ma è pur sempre uomo, essere umano. E’ uno spaccato antico e moderno, una riflessione di ieri che si sposa con l’oggi che si dice evoluto ma è pronto a giudicare l’anomalia di un corpo uomo che si sente donna. Ma che vuol dire essere diverso? E poi diverso da chi? Domande che nello spettacolo risuonano potenti anche nei silenzi e nelle carezze che La Ruina attore fa al volto della madre fotografato sulla lapide. E’ in quel campo santo – che fa prepotentemente venire in mente a livella del principe De Curtis – che Peppino si addormenta sognando un mondo più gentile, che forse è ancora atteso da venire, ma si spera possibile presto. Molto presto. Perchè le parole uccidono più della morte. O possono ridare vita e speranza.