Io la canto così. Lo spettacolo tributo a Gabriella Ferri

IO LA CANTO COSI Antonella Morea

IO LA CANTO COSI Antonella Morea

 

CASTROVILLARI – “…Io la canto così! Omaggio a Gabriella Ferri” è il quinto appuntamento di “Invito al Teatro – terza edizione”, la rassegna ideata ed organizzata dall’associazione culturale Aprustum, in sinergia con l’amministrazione comunale di Castrovillari. Sarà la musica la “prima-donna” dello spettacolo in programma per venerdì 9 giugno al Teatro Sybaris, ore 21,00, che vedrà protagonista la cantante e attrice Antonella Morea. “…Io la canto così!” è un appassionante racconto in musica – tributo alla grande artista romana che la Morea ha scritto con il regista Fabio Cocifoglia; sul palco del Sybaris accanto alla protagonista ci saranno Franco Ponzo alla chitarra e Vittorio Cataldi alla fisarmonica e al violino. Artista tra le più grandi esponenti del genere romanesco (celebre il “duello” con Claudio Villa) e non solo, Gabriella Ferri cantò successi che spopolarono non solo in Italia ma anche in altri Paesi (“Ti regalo gli occhi miei” raggiunse i vertici delle classifiche in Sudamerica). Fu un personaggio amatissimo ma condusse una vita non sempre felice: un matrimonio durato poco e negli ultimi anni della sua vita un forte stato di depressione da cui era afflitta a periodi alterni. La cantante morì nel 2004, a 62 anni, dopo essere caduta da una finestra della sua casa di Corchiano: la famiglia ha sempre smentito l’ipotesi del suicidio, sostenendo che si trattasse di un incidente. “Se chiedi agli amici di Gabriella Ferri, a chi l’ha conosciuta e a chi ha lavorato con lei un aggettivo per raccontarla ti rispondono: Uno solo? S’incazzerebbe!” ricorda il regista Fabio Cocifoglia. “Dicono di lei: Era un pagliaccio straordinario, un pagliaccio di razza. Veramente l’amica ideale, ti dava tutto. Dove cantava, ecco, lì era il centro del mondo. La disperazione degli autori. Un po’ un pazzariello, uno sguardo dolce e disperato che non si può sfuggire. Era la maschera con cui lei nascondeva tutto, tutto quel macello. Molto sensibile, molto ansiosa, molto severa con se stessa, impegnativa. Ogni sua frase era un urlo lanciato al mondo. Donna bellissima che non aveva paura di imbruttirsi, eccentrica, feroce, anticonformista, libera, rivoluzionaria, troppo in tutto. Una grande madre, una grande moglie, una grande amante”. “Un giorno passeggiavo per le strade di Roma” racconta Antonella Morea “entro in un negozio e vedo lei, Gabriella Ferri, il mio mito da ragazzina. Piena di bracciali, collane, anelli, tutta colorata come sempre. Ma quasi non la riconoscevo. Sembrava non riuscisse nemmeno a parlare. Com’è possibile? Stavo quasi per andarle incontro, come ad una persona di famiglia, come ad una sorella più grande che non vedi da tanto tempo. E mentre sto per andare mi vedo riflessa in uno specchio del negozio. Ora siamo in tre. La mente è volata a quando mi vestivo tale e quale a lei, capelli rigorosamente biondi con la frangia, trucco da trincea, sacchi di trucco, il rimmel sugli occhi due linee di filo spinato, il fondotinta un campo minato. E voglio vedere quando mi espugnano, sono come Gabriella Ferri, io!, così dicevo. E così mi chiamavano per gioco gli amici la Gabriella Ferri napoletana. Erano per me, quelli, anni duri, di trasformazione, di battaglia. E lì mi sono resa conto che per Gabriella Ferri la battaglia non era ancora finita. Manteneva la posizione eroicamente. Confusa, forse, ma sempre in piedi”.