CASTROVILLARI – Si può fare del corpo uno strumento di narrazione, un momento intimo e diretto, che sa parlare all’essenza delle cose. Diventa tela sulla quale disegnare il presente o spazio per descrivere una tensione che non è solo fisica ma anche politica, sociale, valoriale. “Immagina un paesaggio eroico” (photo credits Angelo Maggio) di Nova Melancholia, la compagnia greca composta da artisti internazionali (tre greci, un austriaco e una italiana) racconta attraverso la nudità degli attori le relazioni personali di Rosa Luxemburg (rivoluzionaria marxistra uccisa dai fascisti a Berlino) con la natura, descritte nelle lettere dal carcere. I corpi in scena, privati dei vestiti, sembrano ricordare la nudità che la prigionia pone in essere su ogni individuo, la povertà di ciò che si diventa dietro le sbarre, quando tutto ti viene tolto, compresa la libertà, ed il corpo è l’unico strumento per rimanere padroni di se stessi. Di ciò che si è, si prova, si vuol fare. Superato il voyeurismo si cerca la verità dell’essenza, la delicata anima di una donna che dei suoi ideali ne ha fatto così tanto una ragione di vita da “battersi” persino per uno scarafaggio aggredito e accerchiato dalle formiche. Una tensione politica così radicata che neppure la prigionia può cancellare, guardando al cielo ed alla natura che continua a far risuonare il canto della libertà. E’ un esercizio intenso e atletico, a tratti malinconico e lento quello proposto sulla scena. Il corpo si mostra nella sua tensione muscolare, richiamando la tensione del socialismo vissuto. Ma allo stesso tempo entra in relazione con altri corpi, quasi a voler indicare la strada della convivenza, del bisogno di relazione che esiste – anche dietro le sbarre – per rimanere connessi al mondo di fuori energicamente proiettati verso l’umanità che lotta e spera. Si colora e si impregna di ritmica, assapora il gusto delle cose, gioca con la sua fisicità per andare alla ricerca di cosa valga la pena conservare, di quale ideale sia giusto per combattere fino allo stremo della propria esistenza, di cosa serva veramente per dare sapore alle proprie pulsioni. Così la nudità diventa il centro della scena che cattura e ammanta di bellezza il palcoscenico, superando il pudore dello spettatore, che in quel corpo visivamente limpido cerca la verità del racconto e ne scopre la profondità di esso. Come statue dell’età classica i corpi nudi diventano monumento commemorativo di una memoria che ha saputo farsi strumento di difesa e riscatto per molti.