Da Castrovillari al palcoscenico. Sono i nuovi lavori dal progetto dedicati alle residenze artistiche nei territori, sostenuti della compagnia castrovillarese Scena Verticale e realizzati con il patrocinio della Regione Calabria e del Ministero della Cultura.
Sono stati 3 quest’anno i progetti di residenza sostenuti da Scena Verticale che hanno coinvolto tanti artisti, diverse compagnie e maestranze dello spettacolo dal vivo, ospitate al Castello Aragonese di Castrovillari nel dicembre 2021.
«Da sempre l’intento della compagnia è quello di dare spazio ad altri artisti, calabresi e non solo, come opportunità di studio e ricerca, per sostenere la creazione e la realizzazione di nuovi progetti – commenta Dario De Luca, co-direttore artistico insieme a Saverio La Ruina, di Scena Verticale –. Quello delle residenze artistiche nei territori è un progetto possibile grazie al sostegno delle istituzioni, parte fondamentale del sistema teatro. E il nostro obiettivo è di contribuire al sostegno di quest’arte».
Le residenze
Il lavoro di Scena Verticale, che mira a consolidare il sistema di residenze dello spettacolo dal vivo per sostenere e accompagnare i processi di creazione artistica, quest’anno ha visto, tra gli artisti protagonisti del progetto, Francesco Aiello e Mariasilvia Greco. In residenza i due autori hanno lavorato sulla necessità di trovare una struttura narrativa e dare corpo e voce a conflitti e pensieri che trovano radice nel proprio vissuto e nella autobiografia, da qui nasce “Dammi un attimo” che ha visto i due autori e attori lavorare durante la residenza artistica alla messa in scena del lavoro accanto all’attrice Emilia Brandi. Oggi lo spettacolo, pronto al debutto, vede in scena gli stessi autori del progetto Aiello e Greco insieme ad Elvira Scorza, una produzione Teatro Rossosimona/Teatro del Carro MigraMenti Spac Badolato CZ/ Scena Verticale – Residenze artistiche nei territori.
“Dammi un attimo” è una riflessione intorno alla difficoltà, materiale e spirituale, di immaginarsi genitori nel mondo della precarietà, dei progetti immaginati e mai realizzati, dello scontro mai risolto con i padri, nell’epoca della classe disagiata, dell’impossibilità di riconoscere che il proprio momento è arrivato. Riuscire a individuare un tempo giusto, la capacità di accettare il ritmo che la vita impone con tutti gli ostacoli (reali o immaginari) che ci impediscono di raggiungere l’obiettivo mitico della “normalità”. L’artista e performer Leonardo Schifino, la cui ricerca si muove tra diversi media, in residenza ha lavorato a una nuova creazione scenica da lui diretta insieme ai performer Gianmaria Borzillo, Claudia Veronesi e con la dramaturg Gaia Ginevra Giorgi.
“Doppio filo” è il titolo provvisorio del suo progetto che esplora un sistema di relazioni e dipendenze, in cui esistono insieme elementi tossici e costruttivi che questionano lo stare in due in un microcosmo materico. È un gioco all’ascolto decentrato che apre alla relazione tra sconosciuti. Il dispositivo è un esperimento in cui trovare soluzioni di co – abitazione ecologica in uno spazio saturo di nodi. La pratica consta di poche e semplici regole che mettono in questione la percezione visiva e tattile di chi attraversa le ragnatele, per indagare il processo di mutua trasformazione che si instaura tra ambiente e corpo.
Il terzo progetto è stato curato dalla compagnia Aprustum (nella foto) che al Castello Aragonese di Castrovillari ha colto l’occasione per continuare ad approfondire aspetti di quel teatro di tradizione di Napoli che appartiene alla linea artistica della compagnia, guidata da Casimiro Gatto. L’ultima loro produzione è nata a partire dal testo di “Questi fantasmi” di Eduardo.
La suggestione di questo capolavoro del teatro italiano, ha portato gli artisti a lavorare in residenza proprio sui fantasmi e sui tempi vissuti negli ultimi due anni di pandemia. Tempi di azzeramento della socialità, di silenzi, di crisi economica, di interruzioni continue della vita teatrale, che li ha stimolati e indotti a scegliere il tema da affrontare.
Dopo un inizio dedicato all’evoluzione della maschera di Pulcinella, in residenza hanno utilizzato parole, storie e situazioni tratte dai testi di Eduardo e Petito che raccontano morti, visioni, sogni, incubi, sparizioni e reincarnazioni, rielaborando i testi in un linguaggio scenico contaminato dalle paure vissute nel tempo sospeso negli ultimi due anni.