CASTROVILLARI – Il teatro. La scena. Le pause. I sospiri misti ai silenzi. L’ansia della scena. Personaggi che vivono e muoiono tra le pagine di chi le scrive, le idealizza, le sogna facendole diventare realtà. Pluralità che diventa essenzialità. Molteplicità che si fa uno nel corpo e nella voce della superba prova attoriale, recitativa e scenica di PierGiuseppe Di Tanno, talento puro scoperto da Fortebraccio Teatro e da Roberto Latini tra le 500 candidature under 35 arrivate in occasione della produzione laboratorio organizzato nella primavera passata dal festival Orizzonti di Chiusi. Di quella esperienza naufragata per «l’incoscienza desolante degli amministratori locali» e «l’ottimismo pericoloso del direttore artistico» Di Tanno rappresenta la gemma migliore. Un vero interprete, capace di far immaginare sei personaggi in scena e caratterizzarli con specifiche essenziali che non si perdono, ma anzi arricchiscono la narrazione da solita sulla scena. Immagini, suggestioni, ritmi e pause che vivono e si alimentano nelle pagine dei testi che la regia lascia intravedere alle spalle dell’attore. In maniera nuda, silenziosa, statica (a volta ritmicamente agitata dal vento dell’idea) quella tela si anima dei suoi stessi personaggi che nascono e vivono nella mente di chi li vorrebbe vivi sulla scena, ma che restano prigionieri di quello scritto. La smania cresce, il personaggio vuole godere della realtà, farsi vivo e carne sulla scena. Sentire, amare, morire, abbracciare, toccare. Ed il pubblico è in estasi. Sogna, sogghigna, si concede le smorfie, le lacrime e le paure nel buio di una platea dove arriva la meraviglia del teatro che si lascia toccare, mangiare, sentire. Il teatro è un gioco, che si fa vita e diventa reale. Esce dal palcoscenico, colpisce alla pancia, inquieta e interroga, scomoda e fa sorridere. E’ una scatola di magia dove si perdono i ricordi, dove l’oggi diventa presente, il passato si fa memoria, la scena diventa vita. E la maschera diventa realtà. Corpo vivo che ammalia ed incanta. E quando arriva al finale, la storia, strappa applausi vigorosi a scena aperta. Supremo atto di uno spettacolo unico e raro, che riporta il teatro alla sua essenza vera. Lo scomoda, lo interroga, lo rende incanto.