Scintille in consiglio per l’impianto rifiuti. Manca il coraggio delle scelte

consiglio comunale impianto rifiuti

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CASTROVILLARI – Alla fine del consiglio comunale fiume, chiamato a discutere sulla questione che riguarda la volontà di un’imprenditore privato di realizzare un impianto di trattamento rifiuti nella zona Asi di Cammarata, serviva il coraggio delle scelte. Ma purtroppo nessuno ne ha avuto. Nessun coraggio da parte dell’amministrazione comunale di accettare la proposta delle liste civiche di uscire dall’assise con un documento che decretasse la volontà (politica) di pensare nel futuro l’area industriale come un polo di insediamenti di trasformazione legato all’agroalimentare. Nessun coraggio da parte dell’opposizione di “fidarsi” della compatibilità di un impianto presentato come possibile accanto alla filiera agroalimentare che insiste in quella zona. Al quale magari si poteva fare le “pulci” nel controllarlo con tutti gli organismi e le commissioni del caso. Eppure la parola coraggio più volte l’ha richiamata – in un intervento che avrebbe meritato gli applausi che non ha avuto – l’assessore all’ambiente del comune, Pasquale Pace. Unico intervento che è uscito dagli schemi pregiudiziali delle posizioni precostituite e che dimostra la freschezza e la prospettiva di un giovane appassionato e con lo sguardo al futuro, ancora non contaminato dalla politica. Peccato che mentre parlava in sala i fans delle due barricate contrapposte erano già andate via da tempo ed erano rimasti solo gli incalliti dell’ultima ora. Ma la vera questione, al di là del tecnicismo, sta proprio nel coraggio che nessuno – dai banchi del civico consesso – ha dimostrato di avere. All’interno del consiglio comunale sono sfilati tutti a raccontare la loro versione della storia. Ed anche il «Si, ma non lì» – che poteva sembrare un’apertura del mondo “civico” all’impianto in essere – in realtà è una ipotesi poco praticabile visto che trattasi di un privato (e non di un ente pubblico con il quale si potrebbe eventualmente dialogare in tal senso) che avrà di sicuro già acquistato il terreno e avrà scelto le sue strategie di mercato o di investimento dei suoi soldi. A dirla tutta l’unica proposta di senso (per la par condicio tra chi governa e chi contesta) è arrivata per bocca degli interventi esterni. A proporla Giuseppe Angelastro, presidente di Avis, che ha sollecitato la politica tutta a decidere che sia giunto il tempo in cui l’Asi – la cui vocazione industriale è fallita da tempo – sia trasformata in un area di sviluppo agricolo. Ma la politica non ha deciso nulla nel corso del consiglio comunale fiume in cui per la prima volta, forse, si doveva avere il coraggio di capire che vocazione dare alla città ed al suo comprensorio. Qualcuno sottolinea anche la questione dell’immagine, è vero. Con le solite domande: mangereste un prodotto che viene da un territorio dove esiste un impianto simile? Anche qui bisogna capire come lo raccontiamo. Se di un impianto se ne fà terrorismo allora ecco che l’immagine è distorta. Se di un impianto se ne racconta la compatibilità ed il supporto all’ambiente agricolo che gli sta attorno ecco che assume un valore diverso. E l’immagine ritorna, ma questa volta in positivo. Secondo i progettisti Francesco Caridà (che ne ha spiegato i contenuti tecnici sfatando alcuni falsi miti) e Francesco Sabatino l’impianto oggetto del consiglio comunale aperto «non è una bomba ecologica, nè una discarica, nè un incerenitore, nè un impianto che va a trattare rifiuti pericolosi. Parliamo di un impianto che tratta unicamente rifiuti non pericolosi concepito su tre linee. La prima linea serve per produrre compost di qualità certificato e che sicuramente aumenta le caratteristiche agronometriche del terreno, la seconda linea fa del biostabilizzato che può essere assimilato ad un terricio, ma che può essere utilizzato per sbancamenti, sistemazioni del territorio. La terza linea serve a depurare reflui liquidi e tutte e tre le linee rappresentano un completamento di quello che è il sistema del trattamento e gestione dei rifiuti in questo territorio». Non sono d’accordo i proponenti del consiglio per i quali l’impianto è un «mega impianto» nel cuore dell’agroalimentare con una fase operativa di 500 mila tonnellate annue (i progettisti sostengono che sono meno di 200mila). Ma la questione che nessuno ha chiarito e quali siano i rischi per il settore agricolo. I tecnici dicono non esiste «nessuna emissione in aria, se non gli odori, gestiti dal filtro sovradimensionato». Per gli oppositori dall’impianto uscirebbero «17.000 tonnellate di rifiuti all’anno da smaltire» e che i rischi per «aria e suolo» sarebbero diversi. Verità contrapposte che non danno il senso vero di ciò di cui si discute. Per molti tratti la discussione ha assunto toni accessi, al limite della decenza. Ma alla fine tutti a casa senza un nulla di fatto. E’ mancato il coraggio, anche quello di discutere spogliandosi dai posizionamenti, dalle idologie precostituite, dalle decisioni di partito. Certo il consiglio non era chiamato a decidere, lo faranno organi terzi. Ma la politica – che in consiglio siede – poteva scegliere insieme cosa fare di Castrovillari. Al di là degli slogan. Perchè il coraggio è quello che fa costruire orizzonti nuovi. E’ quello che permette di guardare la luna e non il dito.