I Carabinieri del NAS di Cosenza e del Gruppo Tutela Salute di Napoli – con l’ausilio dei Carabinieri dei Comandi Provinciali di Cosenza e Crotone – hanno dato esecuzione a 19 misure cautelari nei confronti di medici e farmacisti, emesse dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Castrovillari su richiesta della Procura della Repubblica di Castrovillari, nell’ambito di un’indagine svolta dal NAS bruzio e coordinata dalla Procura della Repubblica di Castrovillari, per ipotesi di associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni del Servizio Sanitario Nazionale. Sono in corso numerose perquisizioni presso abitazioni, ambulatori medici e farmacie ubicate nelle province di Cosenza e Crotone con il sequestro preventivo di beni.
Il provvedimento – è riportato in una nota – prevede l’applicazione di tre misure coercitive di custodia cautelare in carcere disposte nei confronti di due informatori farmaceutici e di un medico di medicina generale, una misura degli arresti domiciliari nei confronti della moglie di quest’ultimo mentre per gli altri 15 indagati, tra i quali figurano alcuni farmacisti della fascia ionica cosentina, è stata applicata la misura interdittiva del divieto di esercizio della professione di titolare, gestore, collaboratore di farmacia.
Le indagini – condotte dal NAS di Cosenza attraverso intercettazioni ambientali, telefoniche e telematiche, nonché servizi di controllo e pedinamento – hanno permesso di ipotizzare l’esistenza di un’associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni del Servizio Sanitario Nazionale, compiuta mediante la redazione di false ricette mediche relative a costose specialità medicinali, non collegate ad alcuna necessità terapeutica di ignari pazienti, a cui sarebbero state prescritte al solo scopo di percepire il relativo profitto grazie al totale rimborso delle spese da parte del Servizio Sanitario.
Il sistema di frode sin qui ipotizzato, e salve le doverose verifiche, sarebbe il seguente: secondo quanto ricostruito, l’informatore farmaceutico avrebbe indicato al medico di famiglia l’elenco dettagliato dei farmaci da prescrivere, secondo esigenze di profitto aziendale. Il medico, con l’aiuto della moglie, avrebbe provveduto a redigere le prescrizioni di farmaci concordate con l’informatore, attribuendole a suoi pazienti ignari, e le recapitava ai titolari delle farmacie compiacenti, che provvedevano a rifornirsi dei farmaci. Una volta ricevuti i prodotti, i farmacisti o i loro collaboratori avrebbero rimosso i bollini identificativi (le cosiddette fustelle) dalle scatole dei medicinali e li avrebbero applicati sulle false prescrizioni. Queste ultime, una volta completate delle fustelle delle scatole dei singoli prodotti, costituiscono il titolo con cui ogni farmacista richiede ed ottiene il rimborso del prezzo del farmaco prescritto dal Servizio Sanitario Nazionale. Secondo l’ipotesi accusatoria, il farmacista avrebbe avuto anche il vantaggio di incassare dal S.S.N. il prezzo pieno dei farmaci, anche costosi, quando in realtà li acquistava dall’azienda con sconti superiori del 45%. Le attività svolte da parte dei militari hanno permesso di ipotizzare un danno al Servizio Sanitario pari ad almeno un milione di euro, circostanza che ha determinato il sequestro preventivo dei beni degli indagati in via equivalente.
L’ultima parte dell’attività illecita ipotizzata riguardava le singole modalità di smaltimento delle centinaia di confezioni di farmaci che, ormai privi della fustella, non erano più regolarmente commercializzabili. Quando si trattava di polveri, liquidi o compresse di piccole dimensioni – riferisce l’Arma – i titolari delle farmacie si sarebbero disfatti dei medicinali gettandoli in scarpate o nei wc delle farmacie. Nella maggior parte dei casi invece, sarebbe stato il medico prescrittore, in prima persona o per il tramite dell’informatore farmaceutico, a gettarli tra i rifiuti indifferenziati.