CASSANO ALL’JONIO – Dialogo aperto, senza fronzoli, nè etichette quello vissuto da una ventina di giornalisti della Diocesi di Cassano all’Jonio con il vescovo Francesco Savino nel giorno della festa di San Francesco di Sales. A loro il pastore della chiesa cassanese ha rivolto un messaggio profondo nel quale invita i professionisti della comunicazione ad innescare «circuiti virtuosi», a rucuperare il valore della «cronaca» e la «vocazione della narrazione» in un contesto mediatico troppo spesso interessato al racconto distorto delle emozioni, come le vicende tragiche degli ultimi giorni in centro Italia ci hanno messo sotto gli occhi. Desiderare «la santità» è un percorso spirituale possibile nel quotidiano lavoro che si divide tra la verifica delle fonti ed il racconto della verità dei fatti. Un mestiere – che è anche vocazione – al quale Savino chiede un approccio che metta sempre in connessione «mani, cuore e cervello» per essere «icona del comunicatore». Approfondendo anche con i giornalisti presenti il «drammatico rapporto fra editore e giornalista» che oggi riguarda molti quotidiani calabresi il vescovo di Cassano chiede agli operatori dell’informazione di avere «cura delle vostre emozioni ma siate attenti a quelle degli altri», così come «l’etica delle parole». Nel messaggio diffuso in occasione del patrono dei giornalisti San Francesco di Sales, il presule parla di «un giornalismo di verità e di prossimità» che sappia dare voce ai poveri, agli emarginati, esercitando l’arte della critica seria. Non nasconde quanto sia «diventata difficile l’arte del comunicare» in un tempo in cui i social e «le condizioni economiche del giornalismo» quasi offuscano il ruolo di una professione che è quello di «servire l’uomo» per permettergli di diventare «sempre più maturo nella coscienza della sua dignità personale e sempre più responsabile nell’uso della sua libertà». I giornalisti hanno un «compito» che è quello di «riconoscere e onorare i valori della verità e del bene comune». Si può – svolgendo questa professione – «contribuire ai processi di cambiamento» aggiunge Savino avendo «tolleranza zero verso le bugie» ed «il coraggio della verità». «Essere giornalisti» insomma piuttosto che «fare i giornalisti» senza perdere mai la «dimensione etica» di questa professione. Per dirla alla Claudio Magris «Il giornale si tuffa nel mondo e nella polvere del mondo, senza rinchiudersi in una pretesa purezza da torre d’avorio, ma partecipando alla calda vita, alle sue contraddizioni, ai suoi sogni, ai suoi compromessi e alla sua incertezza. Certo, frugando nella polvere del reale ci si può sporcare le mani , ma l’unico modo perché queste siano veramente e non sterilmente pulite e aiutino a rendere più pulito il mondo è immergerle nel disordine delle cose, degli eventi e dei sentimenti per trovare, scoprire e rivelare un senso e una verità». Così si potrà essere «comunicatori dello stupore della meraviglia».