Gestione lampade votive. Il Tar rigetta il ricorso di Ilvc contro affidamento a Pollino Gestione Impianti

cimitero castrovillari

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CASTROVILLARI – «Inammissibile». E’ stato giudicato così, dalla prima sezione del tribunale amministrativo regionale della Calabria, il ricorso della società ILVC contro il comune di Castrovillari (rappresentato e difeso dall’avvocato Carmine Marini), per l’affidamento diretto della gestione lampade votive del cimitero alla Pollino Gestione Impianti (difeso dagli avvocati Giancarlo Pompilio e Claudia Parise). Il presidente, Giancarlo Pennetti, e Francesco Tallaro (primo referendario) insieme a Pierangelo Sorrentino, (referendario estensore) hanno messo la parola fine al contenzioso originato dopo la scelta del comune di non rinnovare più il contratto alla società che in precedenza gestiva i servizi cimiteriali e di affidarli alla partecipata comunale giudata dal presidente Vincenzo Esposito. Nel febbraio 2019 il comune decise con la determinazione n°72 di procedere ad affidamento diretto alla Pollino Gestione Impianti il servizio di gestione e manutenzione delle lampade votive del cimitero comunale. La società ILVC si oppose impugnando l’atto che interrompeva il tacito rinnovo che dal 2003 poneva in essere un rapporto tra la società ed il comune. Secondo i giudici del Tar infatti la norma del dicembre 1993 n#537 vieta «a pena di nullità, il rinnovo tacito dei contratti delle Pubbliche Amministrazioni per la fornitura di beni e servizi, ivi compresi quelli affidati in concessione a soggetti iscritti in appositi albi». La clausola del rinnovo tacito che ha visto un rapporto di circa 15 anni tra il Comune e la società è da ritenersi testualmente nulla, come tale «improduttiva di effetti giuridici, ergo non invocabile da parte del ricorrente la quale, con argomenti che ganno leva su profili invero meramente nominalistici (si tratterebbe di proroga e non di rinnovo), tenta di escluderne la sussumibilità nell’ambito del raggio di applicazione del menzionato divieto di legge, così, però, svalutandone inammissibilmente la ratio, mentre invece alla norma “deve assegnarsi una valenza generale ed una portata preclusiva di opzioni ermeneutiche ed applicative di altre disposizioni dell’ordinamento che si risolvono, di fatto, nell’elusione del divieto di rinnovazione dei contratti pubblici”». Per questo i giudici hanno ritenuto che «società ricorrente non può fondatamente aspirare a conseguire il riaffidamento del servizio, né in via espressa – a ciò ostandovi il principio di rotazione – né, in via implicita o tacita, mediante applicazione dell’art. 3 del contratto all’epoca stipulato con il Comune, a ciò ostandovi il divieto ex lege di rinnovo del contratto».