Capodarco. Un amore che sa di miracolo

comunità di capodarco

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CASTROVILLARI – E’ il sogno che si realizza. L’utopia che si fa concretezza. Sulla collina di Fermo la comunità di Capodarco sembra esisterci da sempre. Casa per tutti capace di accogliere una grande famiglia ricca di diversità. Di storie, fragilità, uomini e donne, volontari e persone in cerca della propria vocazione. Così nei tempi in cui i disabili erano considerati invisibili l’amore di un sacerdote – don Franco Monterubbianesi – trasforma la storia e mette al centro l’uomo. Un’utopia – all’epoca molti pensavano – che sapeva di scandalo. Uomini e donne malati nella stessa casa, su una collina di un paese del centro italia. Quella utopia, condita dalla passione di tanti, centinaia che in questi anni sono passati di là, è divenuta esempio per il mondo. Immaginaria nel suo voler essere, concreta e dinamica nel vivere la società, le difficoltà dei più deboli, amministrare i processi di cambiamento, indirizzando anche la politica ed i governanti sull’attenzione a chi ha bisogno di non essere lasciato solo. “La solidarietà ha trovato casa” il docu film sulla storia della comunità di Capodarco ieri sera è stato proiettato nel teatro Sibarys di Castrovillari alla presenza del presidente della Comunità di Capodarco, don Vinicio Albanesi, del vescovo di Cassano Monsignor Francesco Savino, di Angela Regio della Comunità “Progetto Sud” di Lamezia Terme, e del Sindaco di Castrovillari, Domenico Lo Polito. A coordinare il dibattito che ne è seguito il giornalista castrovillarese, Roberto Fittipaldi, direttore dell’ufficio comunicazioni sociali della diocesi ed autore dei testi che hanno guidato la regia del filmato affidato alla mano sapiente di Maria Amata Calò. 75 minuti di verità per un percorso non facile che ha segnato la storia non solo della società italiana, ma anche della Chiesa. Il prete dei progetti impossibili – don franco monterubbianesi – forse senza saperlo ha innescato il seme buono del miracolo, che diventa amore e si fa prossimo di chi ha il corpo segnato da malattie gravi, anzi gravissime. Carezza per chi ha il corpo piagato dalla sofferenza e non ha più nulla e forse nulla spera. Una sola idea in mente: mettere in atto un modello concreto di rivoluzione, che portasse ad esprimere nell’amore una pari dignità ad ogni persona, che difendesse i diritti umani, costruisse una società più giusta. L’utopia in poco tempo è divenuta vita quotiana alla quale si sono avvicinati anche i giovani del 68, gli obiettori di coscienza, sacerdoti, religiosi, uomini e donne, famiglie che nel tempo hanno saputo creare dal nord al sud del paese tante piccole Capodarco. Una onda di contaminazione benefica che ha contribuito a scrivere le leggi più importanti per la storia del paese. Al centro di tutto l’uomo con la sua dignità, la sua umanità, la sua fragilità. Progetto Sud, a Lamezia, fondata da don Giacomo Panizza è una cellula di questa espansione che supera l’utopia e diventa orizzonte visibile tra la gente. Sullo sfondo la traccia sottile del Vangelo ed in particolare del brano che riguarda la vedova di Naim. Quel “non piangere” diventa «azione, conoscenza, intervento, vicinanza, richiede impegno, significa accompagnare» spiega il presidente don Vinicio Albanesi che in città lancia una proposta operativa per gettare il seme di Capodarco anche sul Pollino. Far nascere uno sportello di riferimento per gli adolescenti che sia capace di aiutare le famiglie ad interpretare i dubbi e le problematiche di questo tempo e dire «non vi lasciamo soli». E Monsignor Savino raccoglie il testimone ed annuncia che presto in Diocesi sorgeranno strutture nello stile della prossimità con gli ultimi, i sofferenti. Una a Mormanno per i malati di alzheimer, e poi la concretizzazione della “Casa della Misericordia” nell’ex convitto vescovile di Castrovillari già in itinere. Senza dimenticare la nuova sfida della Città educativa che il Vescovo vuole mettere in atto a Cassano sul modello di Barbiana. Chissà, magari don Vinicio tornerà davvero in città e questa volta sarà per dire che l’utopia di essere comunità che si intesta le sofferenze dell’uomo e le trasforma in ordinaria bellezza è possibile anche qui. Castrovillari come la nuova Capodarco del Sud. Sarebbe meraviglioso. Un pò di sana follia per fare la storia non guasta mai. La collina di Fermo lo insegna al mondo.