Adesso parlo io. Di Gerio rompe il silenzio

digerio assessore

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CASTROVILLARI – E’ rimasto fino ad ora nel «naturale» e «comprensibile riserbo». Ma ora ha deciso di rompere il silenzio «per fare alcune considerazioni nel merito di un caso che, in modo forzato (se non strumentale) e per scelte sconsiderate, coinvolge il mio nome nel clima di bagarre – più mediatica che politica a dire il vero – che in questi giorni sembra turbare Castrovillari o più verosimilmente i sogni dei più avvezzi ai marosi delle polemiche. Che più che altro mi sentirei di definire “agitatori capziosi”». Nicola Di Gerio si affida ad una lunga nota stampa per smontare il clamore mediatico e politico «circa i rapporti fra la società cooperativa (di cui sono legale rappresentante, peraltro rigorosamente alla luce del sole) e l’ente comunale castrovillarese per quanto attiene alla gestione del servizio di telecontrollo degli edifici di proprietà pubblica e una mia presunta relativa ineleggibilità o incompatibilità – ma non si capisce bene se entrambe le condizioni o quale delle due, dilemma che, alla luce delle successive e pressanti richieste di “dimissioni”, probabilmente non si dovrebbe lasciare irrisolto». Di Gerio ha deciso di parlare per «fare chiarezza in modo definitivo. E lo voglio fare dopo aver affermato la mia totale condivisione – nella lettera e nello spirito – del comunicato stampa rilasciato dal mio partito, il Pd, a firma del suo segretario, l’avvocato Antonello Pompilio. Documento che va oggettivamente considerato non come un mero atto dovuto, come una difesa d’ufficio, ma un intervento appassionato e competente da parte di una realtà che continua a svolgere appieno il suo ruolo statutario e culturale, che è e rimane quello di fare politica, intervendo su tutte le questioni che riguardano la collettività e il bene comune». Per il capogruppo del Pd c’è la convinzione che «le vicende politiche e amministrative si debbano discutere nelle sedi opportune», per questo ora si attende il consiglio comunale (dove la vicenda sarà punto all’ordine del giorno) per «esaminare l’intera questione nella sede deputata anziché su Facebook, con la dovuta e necessaria cognizione di causa piuttosto che nella ricerca del sensazionalismo a tutti i costi o della faziosità». Le argomentazioni di Pompilio «chiariscono già di per se stesse, ampiamente e dettagliatamente, l’insussistenza di qualsiasi mio coinvolgimento, diretto o indiretto, tacito o esplicito, politico o morale, nella assegnazione dell’incarico di telecontrollo degli edifici pubblici. Assegnazione che, giova ricordare, non compete in alcun modo alla Giunta né alla politica bensì agli uffici tecnici preposti, ai funzionari comunali che sulla scorta dei principi del Diritto amministrativo decidono in piena libertà. E chiariscono anche come non sussista alcun caso di ineleggibilità e/o incompatibilità nei miei confronti, basta saper leggere integralmente il Testo Unico sugli Enti Locali ed in particolare l’art. 63. Il legislatore ha escluso le società cooperativa dal campo della incompatibilità, data la loro specifica natura giuridica. Le società cooperative, infatti, hanno aspetti civilistici e amministrativi del tutto diversi dalle comuni società – ciò detto soprattutto per quel che riguarda la distribuzione degli utili che è presente nelle altre società ma assente nelle società cooperative, che, come tutti sanno, hanno scopo mutualistico, fondato sull’apporto lavorativo dei soci/dipendenti, in quanto tali anch’essi titolari di quote. Per quanto riguarda la chiarezza e l’integrità della mia posizione preciso che: i rapporti tra la società Coop Sicurezza e l’Ente Comunale sono di gran lunga antecedenti al mio ingresso nella suddetta cooperativa, del mio ingresso in politica e della mia elezione a consigliere comunale. Aggiungo che, nonostante fossi sicuro della mia condizione di eleggibilità, già nel 2007 mi confrontai sulla questione con esperti del settore e con lo stesso segretario generale, il dottor Elio Schettini, avendo da loro e con giudizio unanime, ampia rassicurazione sulla giustezza del mio operato, sulla legittimità della mia condizione. Alla luce di tutto questo mi chiedo quale sia l’oggetto del contendere. Se esista davvero un problema o non siano piuttosto stratagemmi posti ad arte per disturbare l’attività del governo cittadino e al contempo per conquistare spazi di visibilità personale, magari anche allo scopo di nascondere falle e gracilità della propria proposta politica. Fare politica nel suo senso più proprio, cioè per il bene comune, seguendo tempi e modi dell’etica, è cosa difficile ma tanto più doverosa in tempi critici come quelli attuali. E certo non aiutano, non possono aiutare, certi cattivi vezzi della politica locale, in particolare quello di agitare le acque contando su piccole e grandi “simpatie”, magari inconsapevoli, nonché sull’eco spropositata che ogni sospiro (anche non salubre) ottiene sui social e purtroppo anche sui media. La democrazia è bella e grande cosa. Non a caso è stata definita la “meno imperfetta delle forme di governo”. Lo dico per richiamare tutti al senso di responsabilità, a quella speciale e indispensabile sensibilità che deve unire tutti nella difesa dei principi di civiltà giuridica e politica e nella salvaguardia di tutte le istituzioni. Le campagne di fango o di fanghiglia non giovano alle istituzioni. Questo caso, o non caso, ne è una precisa riprova: non si tratta tanto di un attacco alla mia persona – che posso anche in qualche modo capire, pur considerandolo una degenerazione dell’agire politico – quando di un tentativo di screditare politica e istituzioni attraverso il disordine e la cattiva informazione. Riportare questa discussione nel suo alveo naturale deve dunque rappresentare un modo per continuare a fare politica nel modo più giusto e appropriato. Nel modo che anch’io ritengo giusto e appropriato e che la mia coscienza umana e civile mi ha sempre fatto perseguire».